Periodo figurativo

Nella prima fase del suo percorso artistico, dalla fine degli anni ’70 alla fine dei ’90, la pittura di Pasciuti può definirsi post-impressionista. I suoi dipinti raffigurano la natura, principalmente le campagne dell’entroterra pugliese ed interni di case. Già in questa fase le sue opere trascendono la semplice riproduzione della realtà, e il colore dei suoi paesaggi, in maniera armonica, inizia ad essere al centro della sua pittura.

Iconici sono alcuni elementi raffigurati, tra i quali la casetta, la masseria, il trullo, il muretto a secco, i papaveri o il mare con l’inconfondibile barchetta a vela.

Personalissima è la tecnica pittorica da lui adottata, fatta di innumerevoli pennellate a tocchi e picchiettature, quasi istintive, ma facenti parte di un “disegno più grande” che restituisce al pubblico, nel suo complesso, una rappresentazione unica del paesaggio murgiano. Attraverso le diverse stagioni si va dai colori brillanti e freschi primaverili, alla sua intensa e calda luce estiva, fino alle più soffuse e tenui atmosfere del periodo autunnale-invernale.

Periodo metaformista

Nei primi anni duemila, Pasciuti intraprende una nuova strada per la sua produzione artistica. Questo rappresenta il primo passo verso l’arte astratta, che lo impegnerà nell’ultimo periodo della sua vita. Il percorso che lo porta ad una completa astrazione non è immediato, ma è composto da diverse tappe, tutte indirizzate verso una graduale scomposizione del soggetto figurativo: il reale viene rivisto, rivisitato, reinterpretato.

Ne deriva un nuovo periodo artistico che lo caratterizzerà per oltre un lustro: “Il Metaformismo” , così definito dalla critica d’arte Giulia Sillato. Questa corrente artistica rappresenta per Pasciuti un periodo certamente importante, con una notevole produzione di opere, coerenti nel soggetto come nella ricerca; una produzione unitaria, connotata anche da un preciso schema compositivo: il soggetto, il cui riferimento al reale risulta sempre meno evidente. Viene rappresentato in forme complesse, matasse e grovigli, apparentemente casuali ma accomunate da una armonia cromatica. Un’armonia che può essere basata su colori vivi o spenti, ma sempre tenuta assieme da un fondo neutro, di tonalità chiara o scura. Nel complesso nulla è lasciato al caso, e questo lo si coglie guardando l’opera nella sua interezza.


“Di quale corrente artistica io faccia parte, per quanto riguarda il mio percorso in arte informale, è semplicissimo a dirsi: faccio parte del metamorfismo, con particolare attenzione al minimalismo, nel senso di cercare di eliminare tutto ciò che non mi sembri essenziale al mio sentire nel momento in cui dipingo.

Spesso mi sono ispirato alle opere dei nostri antenati (vedi le pitture rupestri delle caverne Lascaux) e dei nostri grandi pittori del trecento e quattrocento come Piero della Francesca, Beato Angelico, Giotto, Masaccio. Inoltre il mio percorso mi sembra molto simile anche a quello del nostro grande Giorgio Morandi: passare dal complesso al semplice per cercare di avvicinarsi sempre più alla “Bellezza pura“.

Astratto geometrico

Nella fase astratta geometrica, il percorso di liberazione dell’artista rispetto alla figura giunge al suo apice. Il reale è scomposto in forme geometriche, semplici e primarie. I “blocchi” (come l’artista usava definire le figure geometriche) sono aree di colore, e le tinte non omogenee, lavorate, contribuiscono al rifiuto da parte dell’artista di seguire dei canoni prestabiliti ed esaltano il carattere istintivo, distintivo della sua pittura.

I soggetti, in questa fase eclettica della sua pittura, talvolta sono arricchiti da didascalie, quasi come se il pittore volesse “scendere a compromessi” con il pubblico, probabilmente prendendo coscienza della progressiva astrazione delle sue opere e decide, talvolta, di voler “imbeccare” chi fruisce della sua arte, suggerendo la forma tramite didascalie o titoli.

Ma, alle volte, ricorre ad ulteriori elementi quali simboli e idiomi di civiltà antiche paleocristiane (rivisitati e rappresentati in quello che lui amava definire “l’alfabeto Pasciuti”) o a linee policromatiche, più o meno intense, che avevano lo scopo di ravvivare l’opera, dare luce e unificare.